Quando Il vero uomo doveva avere un amore Gay
Succedeva ai Greci Antichi ... E la Virilità?
La virilità non va confusa con la mascolinità, avverte Alain Corbin, curatore di una raccolta di saggi sull'argomento. << Attenzione però: questo è il concetto di virilità che si è affermato nellìOttocento e del quale è figlia la nostra cultura>> Spiega Maria Botteri, già docente di Storia del corpo e del comportamento dell'Università Cattolica di Brescia. << Un concetto dal quale oggi ci siamo distaccati e che comunque non è rimasto fisso in tutte le epoche. Basti pensare che il termine Virilità è comparso solo negli ultimi 2 o 3 Secoli.
Ciò non toglie che agli uomini in tutte le epoche, non è mai bastato nascere maschi per essere considerati uomini veri. E la ragione è biologica: l'uomo deve dimostrare di essere in grado di provvedere alla donna e alla sua prole. E deve contemporaneamente dimostrare agli altri maschi di avere un posto nella società.
OMO ALLA GRECA. Per i Greci invece, ogni cittadino tra i 12 e i 17 anni doveva restare sotto la protezione di un "maestro" che lo istruiva nella filosofia e nella matematica, e che intratteneva con lui una relazione gay, nella quale il giovane era esclusivamente oggetto passivo. Non si trattava però di omosessualità come la concepiamo oggi: era piuttosto un periodo di iniziazione.
Nella società e civiltà cretese, molto affine a quella greca, il giovane quasi adulto passava alcune settimane lontano dalla città con il suo maestro-amante. Alla fine di questo periodo il giovane poteva far ritorno in città, sposarsi con una donna e cominciare la propria vita sessuale, che di solito era distaccata e distante da quella matrimoniale. Dopo la crescita della barba, anche nella società greca però erano disapprovati i rapporti fra uomini. L'influenza greca si abbatté anche sulla società romana, dove il giovane diventava "vir" con le prime esperienze sessuali, anche se con maschi, ma solo se schiavi.
La virilità non va confusa con la mascolinità, avverte Alain Corbin, curatore di una raccolta di saggi sull'argomento. << Attenzione però: questo è il concetto di virilità che si è affermato nellìOttocento e del quale è figlia la nostra cultura>> Spiega Maria Botteri, già docente di Storia del corpo e del comportamento dell'Università Cattolica di Brescia. << Un concetto dal quale oggi ci siamo distaccati e che comunque non è rimasto fisso in tutte le epoche. Basti pensare che il termine Virilità è comparso solo negli ultimi 2 o 3 Secoli.
Ciò non toglie che agli uomini in tutte le epoche, non è mai bastato nascere maschi per essere considerati uomini veri. E la ragione è biologica: l'uomo deve dimostrare di essere in grado di provvedere alla donna e alla sua prole. E deve contemporaneamente dimostrare agli altri maschi di avere un posto nella società.
OMO ALLA GRECA. Per i Greci invece, ogni cittadino tra i 12 e i 17 anni doveva restare sotto la protezione di un "maestro" che lo istruiva nella filosofia e nella matematica, e che intratteneva con lui una relazione gay, nella quale il giovane era esclusivamente oggetto passivo. Non si trattava però di omosessualità come la concepiamo oggi: era piuttosto un periodo di iniziazione.
Nella società e civiltà cretese, molto affine a quella greca, il giovane quasi adulto passava alcune settimane lontano dalla città con il suo maestro-amante. Alla fine di questo periodo il giovane poteva far ritorno in città, sposarsi con una donna e cominciare la propria vita sessuale, che di solito era distaccata e distante da quella matrimoniale. Dopo la crescita della barba, anche nella società greca però erano disapprovati i rapporti fra uomini. L'influenza greca si abbatté anche sulla società romana, dove il giovane diventava "vir" con le prime esperienze sessuali, anche se con maschi, ma solo se schiavi.